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Capitolo dieci: il bagnasciuga.

Sean si guarda e si riguarda di fronte al grosso specchio del negozio nel quale l’ho accompagnato per fare acquisti. Non si sa come, ma Γ¨ riuscito ad ottenere un appuntamento galante con quella bella donna di cui si Γ¨ innamorato, Γ¨ in ansia giΓ  da ieri, al bar non Γ¨ riuscito a rimanere concentrato nemmeno per un istante, e quando stava per estrarre la teglia di pizza dal forno senza indossare gli appositi guanti ho capito che era tempo di intervenire per alleggerirgli l’animo. “Becca! Cosa faccio? Camicia bianca o camicia azzurra? Lo metto il gilΓ¨t, o sembro troppo rimpettito dopo? Dici che andrΓ  bene la scelta che ho fatto per il ristorante?” mi domanda ansiosamente “Camicia bianca, gilΓ¨t assolutamente si ‘che nasconde la pancia, ricordati, la giacca va tenuta sempre chiusa, ad eccezione di quando ci si siede, per poi riabbottonarla subito nell’alzarsi, il ristorante Γ¨ perfetto, se ti da buca vengo io a mangiare il pesce con te, ricordati di passare dal fiorista a ritirare il mazzo di tulipani rosa che ti ho fatto preparare, le rose sono troppo scontate” rispondo decisa. Sean mi sorride e dopo aver preso un bel respiro comunica al commesso di aver deciso di prendere tutto, “Grazie Becca, mi hai salvato!” mi dice, “Prego Sean, quando vuoi!” gli batto un colpetto sulla spalla, saluto e ringraziando il commesso per la sua pazienza esco dal negozio, il mio dovere l’ho fatto, finalmente ora posso godermi la biciclettata che aspetto di fare da questa mattina, oggi infatti, approfittando della bellissima giornata e del fatto che l’auto sia ancora dal carrozziere, ho deciso di andare a lavoro con il mio mezzo a due ruote. Raggiungo il bar che dista solo poche centinaia di metri dalla boutique da cui sono appena uscita, slego la bicicletta e salto in sella. Il sole Γ¨ ancora alto nel cielo, mancano piΓΉ di due ore al tramonto, il traffico Γ¨ scorrevole ma decido comunque di non percorrere la via principale e di godermi il paesaggio zigzagando tra le vie secondarie della cittΓ , l’aria calda dell’estate mi accarezza il viso mentre i miei capelli biondi svolazzano insieme alla camicetta di seta azzurra che indosso, vedo l’asfalto scorrere al di sotto delle ruote, osservo le eleganti case che con i loro grandi giardini costeggiano queste nobili vie, non ci sono nuvole in cielo, e lontano dal traffico si riesce a sentire il delicato profumo della brezza marina seppur la spiaggia sia ad una manciata di chilometri da qui. Potrei andare in spiaggia, non ci avevo pensato, Γ¨ tanto che non mi godo un tramonto in solitudine, meglio svoltare a destra allora. Lo stridio dei gabbiani mi avvisa di essere quasi arrivata, pedalo entusiasta respirando a pieni polmoni, ho proprio avuto una bella idea, avrei potuto organizzarla meglio perΓ², peccato che non abbia.. “Miss… Hey Miss!!” una ChevrolΓ¨t verde risalente probabilmente agli anni ’70 mi si affianca, apro la bocca pronta ad offendere il solito pervertito che pensa di addescare con questi, poco eleganti, modi le belle ragazze, ma fortunatamente mi prendo un istante per osservare meglio; il viso dell’autista mi Γ¨ conosciuto. “Miss.. ti fermi o no?!” grida il Detective Evans dopo aver suonato il suo bizzarro clacson. Freno all’improvviso costringendo la ruota dietro del velocipede a slittare prima a destra e poi a sinistra, appoggio un piede a terra e sorridendo per il modo in cui ho barcollato gli rispondo “Detective! Non si lavora oggi? Che fai da queste parti?!” scendo dalla bicicletta e proseguo a piedi il tragitto spingendola, “Ti ho vista mentre uscivo dalla casa di un collega, vieni al mare con me?” risponde cordialmente, “Veramente, prima di essere disturbata da te, mi stavo proprio dirigendo in spiaggia, speravo di poter passare del tempo da sola, ma oggi mi sembri abbastanza simpatico da poter riuscire a sopportarti…” risalgo nuovamente in sella e comincio a pedalare il piΓΉ velocemente possibile “L’ultimo che arriva offre l’aperitivoooo” grido, ma inutilmente, mi ha sentito benissimo perchΓ¨ in questo momento mi sta giΓ  superando con il rottame che guida, gli piace vincere facile. Lascio il mio mezzo di trasporto accanto ad un cespuglio e lo raggiungo al chioschetto della spiaggia dove pazientemente mi aspetta a braccia conserte e con il suo solito sorrisetto affabile. “Perdonami se non ti ho aspettata, Miss..” mi dice guardandomi in maniera provocatoria “Tranquillo, tanto su quel catorcio non ci sarei salita comunque!” rispondo a tono, e lui inaspettatamente scoppia a ridere, toccandosi pure la pancia, oltre ad avere un sorriso indescrivibilmente bello, ha persino un modo di ridere affascinante, meglio smetterla subito con questi pensieri, perΓ²! Ci accomodiamo ad uno dei tavolini in legno posizionati direttamente sulla sabbia e riparati da simpatici ombrelloni in paglia, i gabbiani sorvolano il locale, poco piΓΉ in lΓ  si vedono alcune piccole barche che sembrano far ritorno al porto, la spiaggia Γ¨ quasi deserta, quΓ¬ si cena tendenzialmente presto, il profumo della brezza marina Γ¨ inebriante, mi perdo nell’osservare la meraviglia del paesaggio, quasi selvaggio rispetto al resto dei luoghi che si trovano quΓ¬ nelle vicinanze, anche Evans sembra fare la stessa cosa, e restiamo cosΓ¬, assorti nei nostri pensieri, in silenzio, finchΓ¨ il simpatico cameriere di origine Peruviana ci porta i nostri Mojito che abbiamo precedentemente ordinato. “Allora, Detective, strano vedersi in un posto che non sia il bar in cui lavoro, raccontami qualcosa di te che non riguardi il lavoro che fai, dalle occhiaie che ti ritrovi, suppongo non sia un argomento a cui tu voglia pensare ulteriormente!” affermo sorseggiando il fresco cocktail “Mi chiamo Evans, Richardson di cognome, sono nato a San Francisco il sette agosto millenovecentoottantasette, sono alto un metro e novantadue centimetri, peso circa novanta chilogrammi, come numero di scarpe porto il quarantacinque” mi risponde fissandomi molto seriamente negli occhi, non posso non ridere di questo suo assurdo senso dell’umorismo “Prosegui!” lo esorto interessata “Non sono mai andato d’accordo con i miei genitori, di impronta troppo religiosa, hanno passato la vita ad impormi regole che in qualche modo sono sempre riuscito a non rispettare, il mio astuto modo di rigirare le cose fin da quando ero piccolo mi ha portato a credere di poter sfruttare questa dote in due differenti modi, il primo che ho provato Γ¨ stato quello della delinquenza, commettendo piccoli furti all’interno di negozi, per poi proseguire con l’appropriamento indebito di biciclette o motorini, qualcosa perΓ² non tornava ed il senso di colpa che ogni volta provavo mi ha portato a scegliere la seconda strada, quella che tutt’oggi percorro, la strada della giustizia.” mi racconta sorseggiando e mescolando il suo drink di tanto in tanto, “Tu come sei finita quΓ¬?” mi chiede. “Dopo essere stata addestrata per piΓΉ di tre anni da mio zio, esperto in armi, sono stata mandata quΓ¬ per fare il lavoro sporco e sterminare tutte le persone che stavano scomode a lui ed a suo fratello, mio nonno, Capi della Mafia della cittΓ  in cui sono nata” gli racconto, pacatamente e seriamente, senza mai abbassare lo sguardo dai suoi occhi. “Ho capito…” mi risponde, “..bella storiella, ora per favore raccontami qualcosa di vero e che non sia una presa in giro del lavoro che faccio, grazie” ride il detective convinto che io stessi scherzando “Facevo l’insegnante di danza, in Italia, ma da tempo sentivo un forte vuoto dentro, una sensazione di mancanza, che perΓ² poi ho capito essere desiderio di libertΓ , cosΓ¬ ho lasciato tutto e sono partita per questa splendida localitΓ , Los Angeles, piena di cose da fare e di persone interessanti, per ora mi accontento di lavorare al bar, ma se un giorno le cose dovessero mettersi bene non escludo di aprire una mia scuola di ballo. Con la mia famiglia vado molto d’accordo, a volte mi manca mio fratello, che al contrario di me non si Γ¨ mai sentito compreso, ed ora vive in Australia, altre volte mi manca il mio cane, Pippo, che mi ha lasciato poche settimane prima della mia partenza…” gliene parlo senza nasconderne il dispiacere. “Capisco” mi dice, si porta alla bocca una delle tartine che ci hanno gentilmente offerto insieme all’aperitivo e prosegue ” Anche io avevo un amico peloso, la mia gatta Jinnie, eravamo cosΓ¬ amici che per non farla sentire mai sola la portavo spesso fuori con me, con il guinzaglio ovviamente, chi ci vedeva alzava gli occhi al cielo, ma seppur avessi giΓ  diciassette anni e fossi in piena fase “ragazzaccio” non provavo vergogna nel mostrare questo mio lato docile. Purtoppo poi a causa della vecchiaia la mia dolce amica mi ha lasciato, perΓ² ne porto sempre con me il ricordo..”, con la mano si solleva la maglietta e tra i tanti tatuaggi che impreziosiscono il suo fisico asciutto, vedo quello del musetto a macchie di un simpatico gatto. “Che cosa tenera!” esclamo osservando attentamente anche tutto il resto che circonda il buffo disegno “Stavo per chiederti come sia stato possibile, per te, cosΓ¬ tatuato, essere stato assunto dalla polizia, ma poi mi sono ricordata di non essere in Italia! E nel tempo libero, sempre che tu ne abbia, cosa fai?” domando stiracchiandomi e rilassandomi del tutto sulla ormai scomoda sedia sulla quale sono seduta da tempo. “Scrivo cose, poesie, canzoni per amici musicisti, mi rilasso nel piccolo orto che ho costruito in giardino, disegno quadri astratti, corro” risponde slegandosi i capelli castani che gli ricadono sulle spalle e passandoci le dita per allontanarli dalla fronte, “Tu che fai?” mi chiede. “Dormo, per lo piΓΉ, oppure spendo soldi, compro oggetti inutili, vado in palestra, cose normali, ballo ovviamente, guardo la Tv, faccio un tuffo nel mare…” e raccontando di quest’ultima attivitΓ  che adoro fare, mi alzo e corro verso il bagnasciuga, lui lascia delle banconote sul tavolo e mi raggiunge “Scusa, toccava me saldare il conto!” gli dico avvicinandomi a lui “Il primo appuntamento Γ¨ offerto.” mi risponde afferrandomi delicatamente la mano, la mia Γ¨ piccola in confronto alla sua, le osservo e mi sento felice seppur sia un cosΓ¬ piccolo e semplice gesto. Alzo lo sguardo e noto che mi sta osservando, non come al solito perΓ², intendo quando mi guarda imbronciato o per prendermi in giro, il suo sguardo ora Γ¨ profondo e magnetico, lo sento addosso come una calamita che mi attira, nel petto il mio cuore comincia a farsi sentire, insistente, percepisco qualcosa dentro di me che mi spinge ad avvicinarmi. Evans continua a tenere i suoi occhi scuri immersi nei miei, ma capisco che non posso permettermi di lasciarmi guidare dal cuore, soprattutto in questo momento, soprattutto con lui, quindi, seppur con estrema fartica, mi volto e sciogliendo la presa dalla sua mano corro verso il mare… “Dove scappi Miss! Le cose si facevano interessanti!” lo sento gridare alle mie spalle ma ormai io sto giΓ  scappando lontano da lui e da quelle emozioni che poco prima ho provato “Non so di cosa tu stia parlando… raggiungimi, sei lento!” gli urlo in risposta, e senza fermarmi volo incontro all’ultimo raggio di sole che mi sta salutando in questo splendido tramonto.

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